Già da domenica scorsa fino alla XXI domenica del T.O. la liturgia ci propone una digressione giovannea rispetto al vangelo di Marco che, prendendo spunto dal miracolo della moltiplicazione dei pani, compie una vera e propria inserzione “eucaristica”. Sappiamo che dei quattro vangeli canonici quello di Giovanni risulta spesso adoperato quando si vuole introdurre il fedele ad una riflessione teologica più approfondita, e più orientata ai grandi temi cristologici ed escatologici. Questa domenica non è da meno. Oltretutto c’è da sottolineare come la pericope in questione è difficilmente isolabile dall’episodio miracoloso che la precede nonché dall’annuncio della passione che la segue. Pertanto sembra che la Chiesa voglia farci contemplare un mistero trasversale e fondamentale della nostra fede -in un certo senso- non ancorandoci troppo al testo o al brano specifico.Quel che emerge fortemente dalla lettura complessiva e unitaria del brano è qualcosa che infatti ci tocca in profondità: l’ambiguità della vita. Attraverso il dialogo serrato tra i personaggi Gesù ci mette davanti quattro “correzioni” che fanno traballare le nostre certezze e le nostre idee sulla vita e su di lui. Con un’operazione di negazione e riformulazione Gesù ci fa capire che come noi percepiamo la realtà, la vita, gli eventi e tutto ciò che ci circonda non è necessariamente come noi lo vediamo. I discepoli si erano fermati a vedere Mosè come mediatore senza focalizzarsi sul donatore della manna, che era Dio; parlavano dell’episodio al passato e Gesù fa capire che la promessa di Dio non è qualcosa di concluso nel passato, ma si rinnova ogni giorno nel presente; si fermano a riconoscere il popolo di allora come destinatario del dono, quando Gesù invece sottolinea che loro stessi sono nel momento presente i beneficiari dell’Alleanza. È come se Gesù in questo modo opera un allargamento di orizzonti e di Cuore […]
La moltiplicazione dei pani è l’unico miracolo narrato in tutti e quattro i vangeli, dall’ evangelista Giovanni è indicato come un segno, la sua attenzione non è rivolta al miracolo in se stesso, ma a ciò che da esso trae significato. Il vero miracolo non è la moltiplicazione, ma è la grazia della condivisione che permette a Dio di trovare spazio e di agire. “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Diceva così per metterlo alla prova. È affascinante vedere come Gesù mette concretamente alla prova i discepoli utilizzando il gioco dell’amore, esattamente come fanno gli innamorati che arrivati a un certo punto della relazione sentono l’esigenza di purificare l’amore che vivono da tutte le incrostazioni e da tutti i piccoli fraintendimenti e inganni. La stessa prova Gesù la mette in atto con noi, che siamo sempre tentati di misurare e calcolare le forze, i mezzi, il bene, la stima, l’amore degli altri, per chiederci dentro di noi se ne vale davvero la pena. Gesù vuole saziare la fame più profonda dell’uomo, ma ha bisogno di collaborazione e di resa totale. Alda Merini scrive in una sua poesia: “ Avevo fame di cose vere, naturali, primordiali; avevo fame di amore. L’avrebbero mai capito gli altrì ?”. C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci. Ci accorgiamo di tutto ciò che l’altro è in grado di donare per esprimere tutto il suo potenziale? Siamo disposti a metterci al suo fianco e aiutarlo a tirare fuori tutta la bellezza e la capacità di Dio che è in lui? Siamo disposti a riconsegnare al Signore tutto ciò che abbiamo ricevuto in dono: le nostre esperienze, i nostri legami, le nostre competenze, il frutto dei nostri studi, le nostre ferite, i nostri sogni, la nostra stessa vita; […]
Il Vangelo di Marco proposto dalla liturgia della XV Domenica del Tempo Ordinario presenta la chiamata e il mandato missionario degli apostoli da parte di Gesù. La prima espressione significativa che incontriamo nel testo, chiamò a sé, esprime l’intima e profonda appartenenza dei Dodici al loro Maestro, all’interno di un meccanismo che vede la libera iniziativa di Dio nella chiamata di coloro che sono inviati a portare la Sua Parola, in una vocazione missionaria che trova la sua piena realizzazione nella quotidianità della vita.L’annuncio del Vangelo richiede una donazione totale di sé: Gesù esorta i suoi a non portare nulla, se non il bastone (Dio stesso come sostegno), i sandali (per percorrere più agevolmente il cammino) e un fratello.A due a due. Spogliati di tutto, ma non dei fratelli: è questa la prima testimonianza che i Dodici sono chiamati a dare nel nome di Gesù, annunciando il Vangelo come fratelli, liberi dal male dell’isolamento e della separazione. Gesù invita i suoi ad abbandonare le comodità, perché imparino l’arte del lasciare e del fidarsi di Lui.Lo Spirito, infatti, conduce a spostamenti continui, talvolta repentini e inaspettati, ma che non destabilizzano il discepolo che ogni giorno ricorda di essere semplicemente inviato, inviato di Dio e non di sé stesso, anche nella prova e nel fallimento. L’annuncio del Regno e dell’amore di Dio non ci appartiene, bensì richiede una povertà di spirito che porta a ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose (cfr II Lettura).Lasciamoci scomodare dallo Spirito e dall’ascolto della Parola, perché possiamo diventare gli uni per gli altri sacramento di salvezza. Dal Vangelo secondo Marco (6, 7-13)In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro […]
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