AVEVO FAME DI COSE VERE – XVII T.O./B

La moltiplicazione dei pani è l’unico miracolo narrato in tutti e quattro i vangeli, dall’ evangelista Giovanni è indicato come un segno, la sua attenzione non è rivolta al miracolo in se stesso, ma a ciò che da esso trae significato. Il vero miracolo non è la moltiplicazione, ma è la grazia della condivisione che permette a Dio di trovare spazio e di agire. “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Diceva così per metterlo alla prova. È affascinante vedere come Gesù mette concretamente alla prova i discepoli utilizzando il gioco dell’amore, esattamente come fanno gli innamorati che arrivati a un certo punto della relazione sentono l’esigenza di purificare l’amore che vivono da tutte le incrostazioni e da tutti i piccoli fraintendimenti e inganni. La stessa prova Gesù la mette in atto con noi, che siamo sempre tentati di misurare e calcolare le forze, i mezzi, il bene, la stima, l’amore degli altri, per chiederci dentro di noi se ne vale davvero la pena. Gesù vuole saziare la fame più profonda dell’uomo, ma ha bisogno di collaborazione e di resa totale. Alda Merini scrive in una sua poesia: “ Avevo fame di cose vere, naturali, primordiali; avevo fame di amore. L’avrebbero mai capito gli altrì ?”. C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci. Ci accorgiamo di tutto ciò che l’altro è in grado di donare per esprimere tutto il suo potenziale? Siamo disposti a metterci al suo fianco e aiutarlo a tirare fuori tutta la bellezza e la capacità di Dio che è in lui? Siamo disposti a riconsegnare al Signore tutto ciò che abbiamo ricevuto in dono: le nostre esperienze, i nostri legami, le nostre competenze, il frutto dei nostri studi, le nostre ferite, i nostri sogni, la nostra stessa vita; […]

UN BASTONE, DUE SANDALI E UN FRATELLO – XV T.O./B

Il Vangelo di Marco proposto dalla liturgia della XV Domenica del Tempo Ordinario presenta la chiamata e il mandato missionario degli apostoli da parte di Gesù. La prima espressione significativa che incontriamo nel testo, chiamò a sé, esprime l’intima e profonda appartenenza dei Dodici al loro Maestro, all’interno di un meccanismo che vede la libera iniziativa di Dio nella chiamata di coloro che sono inviati a portare la Sua Parola, in una vocazione missionaria che trova la sua piena realizzazione nella quotidianità della vita.L’annuncio del Vangelo richiede una donazione totale di sé: Gesù esorta i suoi a non portare nulla, se non il bastone (Dio stesso come sostegno), i sandali (per percorrere più agevolmente il cammino) e un fratello.A due a due. Spogliati di tutto, ma non dei fratelli: è questa la prima testimonianza che i Dodici sono chiamati a dare nel nome di Gesù, annunciando il Vangelo come fratelli, liberi dal male dell’isolamento e della separazione. Gesù invita i suoi ad abbandonare le comodità, perché imparino l’arte del lasciare e del fidarsi di Lui.Lo Spirito, infatti, conduce a spostamenti continui, talvolta repentini e inaspettati, ma che non destabilizzano il discepolo che ogni giorno ricorda di essere semplicemente inviato, inviato di Dio e non di sé stesso, anche nella prova e nel fallimento. L’annuncio del Regno e dell’amore di Dio non ci appartiene, bensì richiede una povertà di spirito che porta a ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose (cfr II Lettura).Lasciamoci scomodare dallo Spirito e dall’ascolto della Parola, perché possiamo diventare gli uni per gli altri sacramento di salvezza. Dal Vangelo secondo Marco (6, 7-13)In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro […]